Inserico il dito nello squarcio di carne,
nel petto del corpo pallido.
Estraggo lentamente la marmellata rossastra.
Pongo dinanzi al mio sguardo il dito unto.
Profumo di ferro marcito.
Profumo di vita finita.
Bellezza destinata al ricordo.
Rifletto su ciò che quel corpo è stato.
Rifletto sui suoi turbamenti.
Sui suoi sorrisi.
Sulle lacrime versate.
Sul fatto che lui è stato.
Osservo la marmellata rossastra.
Porto il dito unto verso la sua fronte.
Una fronte che accoglieva pensieri.
Ora accoglie solo silenzio e decomposizione.
Segno quella fronte con la marmellata rossastra.
Mi chino alle labbra.
Sussurro io per loro.
Le bacio come non possono più fare.
Vorrei versare una lacrima, ma non posso.
Non posso più come non può quel corpo.
Nella mia inconsistenza ed inesistenza,
mi volto e me ne vado.
Per sempre.
Traggo ispirazione dall'energia che mi circonda, dall'energia che dà vita a tutto, che in un istante penetra nella mia mente dando vita a sensazioni che creano immagini e poi forma concreta. Interpreto il caso e l'istinto, il silenzio e il distacco dal caos, interpreto la pace che impongo dopo il rumore che assilla la mente, i sogni e l'indefinito. Creo in uno stato di pace, di quiete e di distacco dall'ovvio quotidiano, in una sorta di viaggio spaziale.
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